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LUCIANO MIRONE "UN SUICIDIO DI MAFIA. LA STRANA MORTE DI ATTILIO MANCA"

“Un suicidio di mafia. La strana morte di Attilio Manca” (Castelvecchi Editore) di Luciano Mirone è stato presentato ieri nel Salone degli Specchi della Provincia Regionale di Messina. 



Il volume è uscito l'anno scorso, a dieci anni dalla scomparsa di Attilio Manca che venne trovato morto a soli 34 anni, riverso sul letto la mattina del 12 febbraio 2004 a Viterbo. Per terra una pozza di sangue e a pochi metri due siringhe da insulina, nel braccio sinistro due buchi. Attilio, primo urologo italiano a operare il cancro alla prostata col sistema laparoscopico, era originario di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, dove è stato ucciso il giornalista Beppe Alfano, e dove pare sia stato costruito "il telecomando utilizzato per la strage di Capaci" nella quale morirono il giudice Giovanni Falcone, insieme alla moglie e tre agenti della scorta. 

«La morte di Attilio è avvenuta in una regione dove la mafia è sbarcata da alcuni anni e la massoneria comanda indisturbata» Angela Manca

Come Luciano Mirone ricostruisce nel libro, i magistrati di Viterbo sono sicuri che si sia trattato di un decesso da overdose causato dall'assunzione di eroina, alcol e tranquillanti. Tesi non condivisa dalla famiglia del giovane medico che era un mancino puro, e i buchi trovati poi sul suo corpo, come ad avvalorare una morte per droga, si trovavano dunque sul braccio sbagliato. Anche i suoi colleghi escludono che Attilio facesse uso di eroina. 

Per la famiglia Manca, che da anni si batte per la ricerca della verità, si tratta quindi "di un omicidio camuffato da suicidio che si collega con l’operazione di cancro alla prostata" effettuata da Attilio, nel settembre del 2003 a Marsiglia, al boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano. Per i Manca, l'urologo "avrebbe visitato e curato" il boss latitante e sotto falso nome, in Italia, "sia prima sia dopo l’intervento" in Francia e non escludono "che fosse presente anche in sala operatoria". Una latitanza, quella del Capo dei Capi, durata oltre quarant'anni e favorita, secondo i magistrati di Palermo, "da pezzi dello Stato". 

“Un suicidio di mafia. La strana morte di Attilio Manca” è una vicenda intricata e incredibile, piena di colpi di scena e di omissioni investigative, di chiamate misteriosamente sparite dai tabulati telefonici e di strani silenzi.  Ma è anche la storia di un dolore immenso: quello dei familiari di Attilio Manca che ancora oggi reclamano verità e giustizia. Un’inchiesta avvincente, che cerca di fare luce su uno dei casi più clamorosi dell’ultimo decennio.

“Ho scritto questo libro perché ritengo che sia compito di ogni cittadino, innanzitutto, riappropriarsi della memoria, e a maggior ragione lo sia per un giornalista, il quale deve ‘fare memoria’ e portare alla luce la verità". Luciano Mirone


L'incontro con l'autore è stato organizzato e moderato da Saro Visicaro dell'Osservatorio Minori sui Temi e i Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza "Lucia Natoli", che ha promosso e presentato il Centro "Bibliò Attilio Manca". Sono intervenuti: Sebastiano Ardita, Magistrato della Procura della Repubblica Messina; Francesco D’Uva, Deputato Commissione Parlamentare Antimafia; Enzo Guarnera, Avvocato; Gianluca Manca, Avvocato, fratello di Attilio; Saverio Masi, Maresciallo dei Carabinieri. Il Feltrinelli Point Messina ha curato il desk libri. 

Luciano Mirone ha iniziato la sua carriera collaborando con il «Giornale di Sicilia», per poi passare a «I Siciliani» di Giuseppe Fava. Quindi ha scritto per una serie di testate nazionali come «il Venerdì di Repubblica», «Oggi» e «Marie Claire». Fondatore e direttore dei periodici «Lo scarabeo» e «Liberidea», oggi dirige il periodico «L’informazione», e collabora con la redazione palermitana de «la Repubblica», con il settimanale «Left-Avvenimenti» e con il mensile «Nuova ecologia». Oltre a “Gli insabbiati”, ha pubblicato “Un paese” (Trincale, 1988, Premio Nazionale «NinoMartoglio»), “Michele Abruzzo racconta". "Il Teatro siciliano” (Greco, 1992), “Le città della luna” (Rubbettino, 1997), “L’antiquario di Greta Garbo” (A&B, 2008).


A.D.P. 


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